La campagna per le elezioni-Brexit è iniziata sotto una cattiva stella. Nel giorno che ha dato il calcio d’inizio alle 5 settimane che dovranno cambiare il futuro dell’ordine geopolitico mondiale, si è capito che è cominciato un gioco al massacro.
Lo speaker dei Comuni uscente John Bercow ha scatenato l’inferno. Entrando a gamba tesa nella campagna elettorale solo pochi giorni dopo aver lasciato lo scranno più alto di Westminster, ha dichiarato all’Associazione della stampa estera: "Non credo che uscire dall’Unione Europea aiuti il Regno Unito. Brexit è il più grande errore di politica estera dell’UK dai tempi della II Guerra mondiale. E' necessario far parte del blocco di potere dell'UE".
In risposta, il nuovo Speaker Sir Lindsey Hoyle ha dovuto far presente che la sua gestione non darà spazio a manovre parlamentari come quelle recentemente utilizzate per bloccare una Brexit senza accordo dal suo predecessore. Sir Lindsay ha specificato che non lascerà assumere al Parlamento il controllo dell'ordine del giorno. Parlando con Nick Robinson, Sir Lindsay ha di fatto sconfessato la linea Bercow, dicendo che permettere ai deputati di presentare mozioni di emendamento all’ordine del giorno dei lavori parlamentari sovverte 600 anni di consuetudine costituzionale.
A sorpresa, rompendo la consolidata posizione europea di non commentare le elezioni interne degli Stati membri, ha parlato Bruxelles. Jean-Claude Juncker aveva appena spiegato alla BBC che non sarebbe stato realistico negoziare ulteriori cambiamenti Brexit in sei mesi e sottoporli a un referendum, come proposto dal Labour, quando alcune dichiarazioni improvvide del portavoce della Commissione hanno fatto fragore. Il funzionario ha detto che l'UE si è limitata a "chiarire" l'accordo Brexit di Theresa May non modificandolo in alcun modo significativo. L’uscita è apparsa subito volutamente sensazionale e propedeutica all’apertura di un fronte di conflitto con Downing Street: Boris Johnson – che ha neutralizzato la clausola di backstop, portando l’UK, Irlanda del Nord compresa, fuori dall’Unione doganale – deve sottoporre il suo accordo al “meaningful vote” del Parlamento sulla base del fatto che non è lo stesso del suo predecessore, che è stato respinto tre volte dall’Aula.
Nelle stesse ore, in un comizio presso la fabbrica di criccanti Tayto nella Contea di Armagh, il Primo Ministro spiegava proprio che c’era stato "qualche malinteso" da parte della comunità lealista sul suo accordo Brexit, che il DUP non intende sostenere. Mentre confidava alla stampa di essere ghiotto delle patatine al formaggio e alla cipolla di Tayto, Boris ha dichiarato di aver iniziato dall'Irlanda del Nord intenzionalmente per promuovere lo “straordinario” accordo Brexit che ha negoziato con l'Unione Europea a tutto vantaggio dell’integrità costituzionale del Regno Unito e dell’economia nelle 6 contee dell’Ulster britanniche.
I liberaldemocratici, Plaid Cymru e i verdi hanno concordato un piano di desistenza nelle elezioni generali. L’Unione per il Remain (l’alleanza anti-Brexit) ha lo scopo di presentare un candidato Remainer di coalizione in ogni circoscrizione elettorale. L'accordo non comprende il partito laburista e copre 49 seggi in Inghilterra e 11 in Galles. E’ emerso che l’alleanza anti-Brexit lavorava sotto traccia da diversi ma ha fallito nel proposito di sindacare i laburisti a causa della difficoltà di convincere le federazioni locali del Labour a convergere su candidati esterni.
Evidentemente, questa è un'elezione-Brexit. Ma per i molti avversari interni è l’opportunità di sovvertire l’ordine costituito e sottrarre ai Tory il ruolo di partito dello Stato da essi detenuto, sia pure nella democrazia dell’alternanza, dai tempi di Winston Churchill. Mentre per le potenze esterne è l’occasione per chiudere i conti con il Grande Gioco della geopolitica rimasto liquido dopo la caduta del muro di Berlino.
Per questa ragione, i laburisti vogliono che il voto sia tutto e il suo contrario, perché il partito è allo sbando, senza missione, visione e linea. I Verdi vogliono che riguardi il cambiamento climatico. Lo SNP vuole che sia per l’indipendenza scozzese. Gli USA vogliono che sia il de profundis del multilateralismo. Vladimir Putin punta alla divisione dell’Europa in aree di influenza. Pechino senza neanche pudori diplomatici all’Eurasia. Bruxelles è ormai convinta che l’uscita di Londra è funzionale all’accelerazione sul piano di integrazione per un’”Unione sempre più stretta”.
In tutto questo, il paese è stanco delle manfrine che hanno sabotato l’uscita dall'UE. E anche molti Remainers vogliono Brexit conclusa.
Come ottenere dunque l’ordo ab chaos. Una vittoria del Labour getterebbe il Regno Unito in altri due anni di incertezza e nel limbo dell’ambiguità, né con l’Anglosfera né nell’UE. Uno voto per i LibDem, pur non portando Jo Swinson a Downing Street, rischierebbe di favorire Jeremy Corbyn. L’Unione per il Remain si gioca il tutto per tutto in appena 60 collegi. Al dunque, le elezioni-Brexit, le elezioni del Grande Gioco, le elezioni della rivoluzione silenziosa, le elezioni dell’elettorato contro le potenze esterne, potrebbero essere le elezioni di Boris Johnson, dopo tutto.
Redazione Italia Atlantica
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