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Non amici di tutti, ma amici degli USA. Il reimpegno di Trump in medio oriente

L'impostazione della politica mediorientale degli Stati Uniti sembrava esprimere, nel complesso, una contiguità fra Barack Obama e Donald Trump. Era diverso l'approccio: Obama autorizzava il nucleare iraniano che Trump fermava, e Obama teorizzava la soluzione dei due Stati che Trump demoliva, visto che in Giudea e Samaria due stati esistono già e sono Israele e la Giordania. Ma di fondo sia Obama che Trump mantenevano un'impostazione di disimpegno dal medio oriente; Obama perchè frustrato, era il presidente della "mano tesa" che nessuno ha stretto; e Trump perchè interessato più al Pacifico che al Mediterraneo.

L'eliminazione del generale Qassem Soleimani, comandante dell'unità Quds dei Pasdaran, cambia improvvisamente lo scenario ed è destinata a modificare completamente l'impostazione di geopolitica della Casa Bianca. Soleimani non era un semplice capo militare, era oltre che lo stratega della politica iraniana in tutta la regione, il numero due del regime, il possibile successore dell'ayatollah Alì Kameney. La sua morte è un colpo durissimo da assorbire per Teheran che non ha sufficienti leader carismatici da offrire, soprattutto all'interno del fronte più ortodosso del khomeinismo. Esiste, è sempre esistito un Iran borghese, filocapitalista che vive a malincuore il militarismo religioso della rivoluzione e vorrebbe più libertà civili. Ha guide timide, spaventate, sotto controllo, ma che potrebbero prendere forza dal colpo inferto al fronte opposto. Nel caso in cui invece l'integralismo sappia alimentarsi persino del mito di Soleimani, la reazione iraniana non si farà attendere e le mire espansionistiche perseguite raggiungeranno una maggiore aggressività. In questo caso il conflitto è destinato ad ampliarsi ed i 3500 soldati promessi da Trump, segnano l'inversione di tendenza rispetto al ritiro voluto da Obama. Si tratta di uno scenario bellico molto esteso perchè l'Iran è attivo con i suoi Pasdaran in Libia, in Iraq, in Siria, in Egitto in Yemen. Nè L'Italia, nè l'Europa sembrano aver compreso esattamente cosa stia accadendo. Perchè lanciare appelli come è stato fatto dalla Farnesina e da Bruxelles, alla moderazione, quando la gente salta per aria è nel caso migliore, vivere nel mondo dei sogni. Può darsi che la Russia sia in grado di contenere il regime iraniano ed in questo caso chiederà un prezzo da pagare, ma è più facile che l'Iran voglia forzare la mano anche ai russi. Quello che servirebbe da parte dell'Europa e dell'Italia è evitare di mandare segnali di indecisione che suonerebbero come un incoraggiamento al regime degli ayatollah. Non siamo amici di tutti, siamo amici degli americani.


Riccardo Bruno

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