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PRI: Eliminazione di Soleimani decisione di politica estera USA contro il terrorismo di stato Iran

di Corrado de Rinaldis Saponaro

Segretario politico nazionale PRI


La decisione esecutiva del Presidente Donald Trump di autorizzare l'eliminazione di Qassem Soleimani, avvenuta venerdì mattina a Baghdad, è una seria decisione strategica. Essa segnala che il POTUS ha ora abbracciato la linea neocon sul dossier Iran ed è pronto ad usare la forza militare per neutralizzare la proliferazione del terrorismo di stato iraniano.

Mentre la reazione da parte di un troppo diffuso, malinformato e deplorevole sentimento anti-americano era prevedibile, apodittica e apoplettica, il PRI ritiene che il giudizio sull'operazione militare USA deve essere ragionato ed analitico.

Significativamente, Trump ha deciso di colpire Soleimaini in Iraq e non all'interno dei confini dell'Iran. Il messaggio è chiaro: non c'è rifugio sicuro all'estero per alimentare il terrorismo sciita internazionale da parte di Teheran. L'eliminazione del generale è stata un atto calcolato e proporzionale. L'operazione è stata premeditata ed esplicita, in risposta agli attacchi di Kirkuk e all'ambasciata USA in Iraq. Soleimani non si nascondeva come Abu Bakr al-Baghdadi, o Osama bin Laden. Il generale ha intenzionalmente accresciuto il suo ruolo pubblico, volando nelle aree calde del medio oriente con il suo aereo militare per manifestare la sua influenza. Ma già martedi sera due elicotteri Apache statunitensi avevano lanciato razzi di segnalazione su Baghdad. Gli USA avevano segnalato il controllo dei cieli sopra l'Iraq. I droni husky Reaper MQ-9 sorvegliano l'Iraq 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ciò nonostante, il capo dell'unità Quds (Gerusalemme) dei Pasdaran si era recato a Baghdad per lasciare la propria firma sull'azione della PMF (la forza di mobilitazione popolare finanziata e armata dal Quds) contro gli USA e lavorare alla riorganizzazione delle rete del terrorismo sciita dopo l'eliminazione del califfo nero al-Baghdadi. La sala di controllo USA ha lasciato uscire Soleimani dal suo aereo per poi colpire le auto in partenza con precisione chirurgica. Il segretario di Stato Mike Pompeo ha avuto il tempo di informare gli alleati chiave e di avvertirli dell'imminente azione militare, soprattutto perché un'escalation del conflitto potrebbe ora coinvolgerli.

Soleimani è stato per 20 anni il regista dell'egemonia regionale iraniana nella mezzaluna sciita, portando sotto l'influenza degli Ayatollah Iraq, Siria, Hizbullah in Libano e Yemen, per poi stringere alleanza geopolitiche con la Turchia e la Russia. L'azione americana è anche un monito a Istanbul e Mosca, che intendevano capitalizzare l'apparente disimpegno USA in medio oriente per mettere la regione sotto la propria sfera d'influenza.

Soleimani si è distinto nella guerra Iran-Iraq del 1980-88, che ha prodotto mezzo milione di vittime. Nel 2004, le forze del Quds fornivano armi alle milizie irachene, contro le forze americane e alleate della Operazione Iraqi Freedom. Nel 2011, Soleimani ha organizzato con i cartelli della droga messicani un complotto, sventato dall'FBI, per uccidere l'ambasciatore saudita negli Stati Uniti, Adel al-Jubeir. Ha inoltre alimentato le guerre in Siria e nello Yemen, armando le milizie Houthi. Le sue forze hanno anche represso il dissenso interno iraniano, uccidendo manifestanti civili.

Il PRI non condivide gli sproloqui sull'illegittimità dell'operazione militare. Soleimani è un combattente, non un politico. Comanda l'unità militare direttamente responsabile di molteplici attacchi contro gli USA e i suoi alleati occidentali. Questo lo rende un bersaglio militare ineccepibile. Non c'è alcun divieto nel diritto americano su un'azione militare diretta. Né viola il diritto bellico internazionale. Negli Stati Uniti solo il Congresso può dichiarare guerra. Ma il POTUS può ordinare l'attacco di droni contro obiettivi in paesi stranieri. Il Presidente Barack Obama è stato il primo a farlo su scala industriale.

Soprattutto, è importante ricordare che questo attacco mirato contro la mente delle operazioni terroristiche internazionali dell'Iran è stata la ritorsione, non la provocazione.

Il PRIritiene che il Presidente Trump ha esercitato legittimamente le prerogative del comandante in capo con la trasparenza della piena democrazia, assumendo la responsabilità politica della sua decisione esecutiva.

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