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Trovato l'accordo Brexit, l'Irlanda del Nord esce con l'UK rimanendo in una zona tariffaria unica

Aggiornamento: 11 mar 2022

Boris Johnson è dunque riuscito dove Theresa May ha fallito. Il nuovo accordo Brexit tra UK e UE, annunciato all’ultimo minuto dell’ultimo giorno utile prima della scadenza fissata dal Decreto Benn è un capolavoro politico: il nuovo testo elimina il backstop nordirlandese, permette all’UK di concludere accordi commerciali indipendenti e pone fine alla vigenza del diritto comunitario nel Regno Unito. Il confine tra Belfast e Dublino è stato ora sostituito da un piano in quattro punti relativo a dogane, allineamento regolamentare, IVA e consenso dell'Assemblea dell'Irlanda del Nord – il parlamento devoluto di Stormont. Secondo la formula di recesso, l'Irlanda del Nord lascerà l'unione doganale con il resto del Regno Unito, ma rimarrà in una zona tariffaria unica con il resto dell’Unione Europea. In base a quanto convenuto, sulle merci in transito in Irlanda del Nord si calcolano e si applicano dazi e tariffe, poiché Belfast sarà appartenente al sistema doganale e commerciale britannico; ma per le merci con destinazione finale Irlanda del Nord, Londra rimborsa a Belfast la tariffa pagata all'UE. I leader dell'UE hanno approvato il nuovo accordo all'unanimità. "Su questa base — si legge nelle conclusioni del vertice di Bruxelles — il Consiglio europeo invita la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare le misure necessarie per assicurare che l'accordo possa entrare in vigore il 1º novembre 2019, in modo da prevedere un ritiro ordinato dell’UK dall’Unione". Come evidenziato dal primo Ministro, questa è l’ultima occasione per concludere la Brexit nei tempi previsti; all’accordo di recesso non c’è alternativa. Jean-Claude Juncker ha avvertito la Gran Bretagna che non ci sarà alcuna ulteriore estensione alla data Brexit se la Camera dei Comuni dovesse respingere il nuovo testo. Nel tentativo di persuadere i parlamentari a sostenere l'accordo annunciato ieri, il Presidente uscente della Commissione europea ha dichiarato: "Non ci sarà alcuna proroga. Abbiamo concluso un accordo e quindi non ci sono argomenti a favore di ulteriori ritardi - deve essere fatto ora. Questo accordo è equilibrato e ciò significa che non c'è bisogno di alcun tipo di proroga". Alla domanda se pensava che i Comuni sosterranno il trattato di ritiro nella seduta speciale di sabato [oggi per chi legge], ha aggiunto: "Sono convinto che sarà così". L’Alleanza per il Remain è apparsa spiazzata dopo l’annuncio di Juncker, e l’eterogeneo fronte dei partiti di opposizione non è riuscito a concordare un piano d'azione per contrastare Boris Johnson. Dopo che un piano iniziale per tentare di forzare la votazione su un secondo referendum è vacillato in serata, un nuovo piano è stato formulato nel tentativo di costringere il Primo Ministro a chiedere a Bruxelles una proroga Brexit anche se il suo accordo dovesse essere approvato dal Parlamento. Ma alla fine, il gruppo dei deputati laburisti, dei liberaldemocratici e dei nazionalisti scozzesi ha deciso di non presentare un secondo emendamento referendario sull'accordo. Guto Bebb, uno dei 21 ribelli Tory fuoriusciti dal gruppo parlamentare a Westminster, ha detto: "Il Primo Ministro merita l'opportunità di presentare questo accordo a Westminster senza alcun vincolo. Non pensiamo che una votazione di conferma ci aiuti". Dopo le polemiche suscitate dalla pubblicazione della sua autobiografia (“For the Record”, lettura consigliatissima), è riemerso David Cameron: "La dote del maialino unto è che riesce a scivolare tra le mani degli altri mentre i semplici mortali falliscono". Durante una presentazione del libro nel Nord dell’Inghilterra, l’ex Primo Ministro ha detto che sosterrebbe l'accordo, se fosse ancora un deputato, e ha invitato tutti i gruppi parlamentari a “serrare i ranghi” per il Regno Unito e schierarsi compatti in favore dell'accordo. Parole di sostegno all’accordo sono venute anche dal Fondo Monetario Internazionale. Kristalina Georgieva, il direttore generale del FMI, ha dichiarato che l'uscita dall'UE con un accordo è ottimale per l’economia, essendo già stata scontata dai mercati. Parlando alla conferenza stampa alla riunione annuale della FISM a Washington, Georgieva ha esortato Westminster a sostenere l'accordo nella votazione di oggi: “Come ha detto il mio vecchio capo Jean-Claude Juncker "Dove c'è la volontà c'è un accordo". Spero che il detto si mostri valido". Intanto gli alleati di ieri sono diventati gli avversari di oggi. Il DUP ha dichiarato, tra lo sconcerto generale, che voterà No in Parlamento e ha avvertito che nessuna somma di denaro può conquistarli, nonostante i tentativi di Downing Street di offrire un nuovo pacchetto finanziario per l'Irlanda del Nord. Nigel Dodds ha affermato che il piano avrebbe minato l'integrità del Regno Unito e danneggiato l'economia dell'Irlanda del Nord. Gli unionisti nordirlandesi ora rischiano l'isolamento a Westminster, dove i deputati conservatori che in precedenza si erano impegnati alla solidarietà con il DUP, hanno segnalato che avrebbero ignorato l'opposizione del partito e votato per l'accordo. E' questa una mossa politicamente sconclusionata per un partito regionale che fino a ieri aveva conquistato un'influenza senza precedenti, il cui peso si estendeva da Belfast a Londra a Bruxelles. Se Westminster oggi dovesse votare contro l’accordo Brexit, si andrà ad elezioni anticipate e il Primo Ministro si presenterebbe alle urne da favorito per aver risolto la più grave crisi costituzionale della Storia moderna britannica. Le opposizioni si sono messe all’angolo e possono biasimare soltanto se stesse. Ieri la politica di partito ha perso e l’azione di Stato ha vinto. Se oggi dovesse prevalere la politica, in molti potrebbero pentirsi della propria scelta ad urne chiuse.


Redazione Italia Atlantica

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