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Le elezioni anticipate per rompere l'impasse Brexit, dai mercati messaggio ai Remainers: si al deal

Immagine del redattore: Italia AtlanticaItalia Atlantica

Aggiornamento: 11 mar 2022

Obtorto collo, Boris Johnson ha deciso. Il Primo Ministro è intenzionato ad andare ad elezioni anticipate. Lunedi, ai sensi del Fixed-Term Parliaments Act del 2011 (la legge voluta da Tony Blair che garantisce la durata quinquennale della legislatura, salvo decisione contraria di almeno 2/3 del Parlamento), presenterà una mozione in aula, che costringerà i deputati a decidere, prima del termine del 31 ottobre, se andare o meno alle elezioni. La decisione è nata in settimana, quando ad un passo dal traguardo, Boris ha dovuto subire l’ultimo sgambetto. E’ accaduto che Westminster ha approvato l’accordo Londra/Bruxelles per un’uscita ordinata, ma ha respinto la tabella di marcia fissata dal PM che mirava ad emanare il decreto attuativo dell’accordo in 3 giorni per poter firmare l’uscita il 31 ottobre. I partiti di opposizione hanno chiesto tempo per “esaminare” le 110 pagine del trattato di recesso prima di esprimere il “Meaningful Vote”, ma la richiesta è apparsa subito una mera manovra dilatoria per impedire al Primo Ministro di incassare l’inatteso trionfo politico. La situazione si è ora ulteriormente complicata. Sciogliere il dilemma – prima elezioni o prima il decreto attuativo - non è impresa facile. Il capo di gabinetto del Primo Ministro a Downing Street Dominic Cummings spinge per le elezioni. Il guru di Vote Leave ritiene non più procrastinabile rinnovare la Camera dei Comuni, ostile al PM e politicamente confusa dalla convivenza di hard Brexiteers, soft Brexiteers, Remainers, e Referendari distribuiti trasversalmente tra maggioranza e opposizione. Una parte del gabinetto e del gruppo parlamentare Tory è contraria ad elezioni generali prima di aver concluso la Brexit, nel giusto timore di esporsi alla delusione dell’elettorato conservatore. Le segreterie locali del partito temono i danni che il Brexit Party di Nigel Farage farebbe al voto dei Tory durante una campagna elettorale combattuta con Johnson che non è riuscito a mantenere la sua promessa "o Brexit o morte". Dall’entourage descrivono privatamente che Boris è "lacerato".

La presa di posizione dei Comuni ha esasperato anche Rue de la Loi. Brexit è stato uno "spreco di tempo e di energia" per l'Unione europea, ha dichiarato Jean-Claude Juncker. Rivolgendosi al Parlamento europeo a Strasburgo, il Presidente uscente della Commissione europea ha detto che lo ha "addolorato" aver trascorso "tanto" del suo tempo nel suo ruolo, occupandosi della partenza della Gran Bretagna dal blocco. "La Commissione ha lavorato instancabilmente per negoziare e rinegoziare un accordo con il Regno Unito per rispettare la decisione del Regno Unito di lasciare l'Unione europea”. Juncker ha chiarito che l'UE potrà ratificare l'accordo Brexit che è stato concordato la scorsa settimana solo dopo che sarà stato approvato dai parlamentari britannici. Qualcosa di serio è dunque cambiato: l'UE ha rotto l’alleanza con i Remainers. Stretta nella morsa di dazi americani e recessione tedesca, Bruxelles vuole lavorare con il governo Johnson e l’accordo di recesso è il modo migliore per farlo. Sfumata la data del 31 ottobre, la nuova Commissione che si insedierà il 1° novembre, non è disposta a discutere di ulteriori richieste e compromessi. Dopo aver riaperto il Withdrawal Agreement di Theresa May (dicendo che non lo avrebbe mai fatto), non riaprirà l’accordo di recesso di Boris Johnson. Questa è davvero la fine dei giochi e la cosa va accettata. Le contorsioni dei Remainers ora minacciano la stabilità economica globale. I mercati, che avevano salutato l’accordo di recesso con un apprezzamento della sterlina fino a 1,28 contro il dollaro, ora sono nervosi. L’agenzia di rating Moody’s ha avvertito che l’ennesimo ritardo nella finalizzazione della Brexit lascia il Regno Unito impantanato nell'incertezza e dà un potenziale colpo alla solvibilità del Paese. Moody's valuta il debito sovrano del Regno Unito a AA2 dopo il downgrade del 2017 conseguente al voto Brexit. Ulteriori tagli al rating sovrano farebbero aumentare il cost of funding sui mercati internazionali. Colin Ellis, amministratore delegato di Moody's, ha dichiarato che “la probabilità che il Regno Unito lasci l'UE con un accordo è più alta di quanto non lo sia mai stata”. Ma ha aggiunto: "Tuttavia, rimangono incertezze significative circa i tempi e l'esito finale di Brexit, il che peserà sulle decisioni di spesa, investimenti e assunzioni nel Regno Unito per un certo tempo, un chiaro aumento del rischio di credito".

Il messaggio ai Remainers è assordante: pacta sunt servanda.


Redazione Italia Atlantica

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