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Tutta la differenza tra leadership e populismo nella gestione del negoziato USA UK di Boris Johnson

Aggiornamento: 11 mar 2022

A dispetto della narrazione di una stampa mainstream avvelenata dall'ideologia eurolirica, l'autorevolezza con la quale Boris Johnson sta esercitando il ruolo manifesta plasticamente la differenza tra leadership e populismi. Mentre sono in corso i colloqui commerciali con gli USA, la parola del Primo Ministro è stata sufficiente per disinnescare una bomba politica. Prima che la polemica decollasse senza controllo, Johnson ha definito i timori sugli standard alimentari americani un nonsense assoluto. Boris ha usato la testa per parlare alla pancia del Paese profondo, spiegando i termini degli accordi con gli USA con serena credibilità. L'UE ha norme igieniche severe per il pollame quando è vivo, ha argomentato il Primo Ministro, mentre gli USA lo lavano con un disinfettante, come il cloro, dopo la morte. Ma gli USA sono una società molto litigiosa, e se gli standard alimentari americani non fossero sufficientemente robusti ne sentiremmo parlare attraverso i tribunali; "vogliamo proteggere il nostro ambiente. L'aria e l'acqua pulita sono fondamentali per gli agricoltori e i consumatori americani tanto quanto lo sono in UK. Troveremo l'accordo". Tanto è bastato per chiudere la diatriba.

Dal canto suo, l'ambasciatore USA in UK ha definitivamente messo a tacere i timori che l'NHS sia sul tavolo di un futuro accordo commerciale. Woody Johnson ha fatto eco ai precedenti commenti del presidente Donald Trump, in cui diceva di non volere "l'NHS neanche in regalo".

Brexit non ha frenato il commercio. Le esportazioni britanniche hanno raggiunto un livello record nel 2019, con una domanda in forte espansione nei mercati extraeuropei. Secondo l'Office for National Statistics, l'UK ha venduto 689 miliardi di sterline di beni e servizi all'estero l'anno scorso, con un aumento del 5% rispetto al 2018. Le esportazioni di beni sono aumentate del 6,4% a circa 372 miliardi di sterline, mentre il calo dello 0,9% delle vendite verso l'UE è stato più che compensato da un aumento del 13,6% verso il resto del mondo. I primi partner commerciali di Londra sono gli USA e la Germania.

Come previsto, il danno Brexit maggiore sarà in Irlanda. "I consumatori, le imprese e le autorità di regolamentazione irlandesi devono aspettarsi e pianificare un maggiore attrito nel loro commercio con il Regno Unito perché Brexit rappresenta un cambiamento sostanziale per l'economia" ha detto il governatore della banca centrale all'agenzia Reuters. Gabriel Makhlouf, che è anche membro del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, ha detto inoltre che la diffusione del coronavirus si aggiunge alle incertezze e ai rischi già esistenti a livello globale, accrescendo le probabilità per uno shock negativo di crescita a Dublino nel breve termine.

Al contrario, l'Alto Commissario australiano in UK ha dichiarato che il governo di Canberra è ottimista sui negoziati commerciali post-Brexit con Londra. George Brandis ha affermato che, dopo la visita di Dominic Raab in Australia, il governo australiano è fermamente determinato a stipulare un accordo di libero scambio "ambizioso e di alto valore". Il commissario si è detto in linea con la strategia Global Britain, asserendo che l'Atlantismo non si ferma ai confini d'Europa. Per quanto riguarda Bruxelles, proprio l'Australia, ha suggerito BoJo, potrebbe essere il modello di rapporti futuri con l'UE, amichevoli ma senza un accordo commerciale formale. L'Australia fornirà anche il modello a punti per la gestione dell'immigrazione, ha confermato l'Ambasciatore britannico in Italia Jill Morris.

Infine, Liz Truss ha rivelato i dettagli sull'atteso piano zone franche. L'UK stabilirà 10 porti franchi adiacenti alle infrastrutture di trasporto: porti marittimi, aeroporti e stazioni ferroviarie. Nei porti franchi transiteranno merci in entrata senza applicazione di tariffe (salvo immissione nel mercato interno) e senza applicazione di dazi in caso di riesportazione. Il Segretario al Commercio ha spiegato che non sarà richiesta una dichiarazione doganale per depositare o transitare le merci in un porto franco. I porti franchi verranno scelti "su base competitiva" dopo l'analisi delle manifestazioni d'interesse.

Veritas filia temporis.


Redazione Italia Atlantica

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