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Accordo UE-UK, si negozia a Bruxelles, ma si combatte a Parigi

Aggiornamento: 11 mar 2022

A Londra niente è lasciato al caso. E' per questo che Downing Street ha pubblicato gli obiettivi negoziali per l'accordo commerciale con gli USA, nel giorno in cui iniziano i negoziati ufficiali sulle relazioni future con l'UE. L'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti è ora il totem della nuova stagione Tory e rappresenta il manifesto della geopolitica dell'Anglosfera. Ma soprattutto è necessario a cicatrizzare una ferita ancora aperta. Durante il referendum Brexit del 2016, il presidente Barack Obama aveva ammonito il Regno Unito che in caso di uscita dall'UE avrebbe messo Londra "in fondo alla fila" dietro Bruxelles. In Gran Bretagna nessuno ha dimenticato quell'entrata a gamba tesa. Poi con l'Amministrazione repubblicana è tornato il sereno e il presidente Donald Trump ha ripetutamente manifestato la sua volontà di rafforzare la relazione speciale con un ambizioso accordo bilaterale. La pubblicazione degli obiettivi negoziali è il primo passo in questa direzione e un messaggio alle Cancellerie internazionali forte e chiaro. Secondo il Dipartimento per il Commercio Internazionale, per effetto dell'accordo con Washington DC l'economia britannica beneficerà di una spinta iniziale di 3,4 miliardi di sterline, poiché il libero scambio transatlantico aumenterà i flussi commerciali di 15,3 miliardi di sterline. Al di là dei numeri, l'accordo è pensato per distribuire risultati economici sull'intero Regno Unito, con Scozia, Nord Est e Midlands che dovrebbero trarne i maggiori benefici. I produttori di ceramica, il settore automotive, la filiera alimentare e i servizi professionali – in particolare architetti e avvocati - sono le industrie britanniche maggiormente interessate alla rimozione delle barriere commerciali con gli USA. Gli obiettivi negoziali stabiliscono anche che qualsiasi accordo futuro dovrà proteggere il servizio sanitario nazionale (il NHS) e mantenere gli elevati standard britannici sulla sicurezza alimentare. L'accordo includerà anche un capitolo sull'e-commerce, per massimizzare le opportunità per le imprese di commerciare in digitale attraverso l'Atlantico. E sicuramente ci sarà un capitolo Cina. In un dibattito a Westminster, Sir Ian Duncan Smith ha gettato l'amo. L'ex leader Tory ha sottolineato l'importanza di mantenere la guardia alta su Huawei, definendo il coinvolgimento della multinazionale cinese nella costruzione dell'infrastruttura 5G britannica "una nota fonte di pericolo", aggiungendo che la collaborazione con Shentzen non potrà estendersi per più di due o tre anni. Avendo deciso di andare avanti con la collaborazione, il governo ha spiegato di poter contenere il rischio limitando il coinvolgimento di Huawei al 35% del sistema e solo alla periferia della rete per proteggerne il nucleo. Ma è quasi certo che Huawei avrà vita limitata in UK: il tempo di avviare e concludere i colloqui commerciali con gli Stati Uniti nel corso dei quali la sicurezza delle telecomunicazioni sarà con certezza parte della trattativa.

Infatti, in contemporanea all'intervento in aula di Duncan Smith, dal Senato USA è giunta una lettera d'invito al Regno Unito "a prendere misure per mitigare i rischi posti da Huawei e a lavorare in stretta collaborazione con gli Stati Uniti su tali sforzi in futuro". La lettera dei senatori arriva un mese dopo la medesima iniziativa da parte della Camera dei Rappresentanti. Il messaggio di mercoledì ai legislatori britannici ha attratto un significativo sostegno bipartisan, inclusi il Senatore democratico di New York Chuck Schumer e gli ex contendenti alla nomination repubblicana Ted Cruz e Mitt Romney.

Lato accordo con l'UE, il negoziatore capo David Frost e un team di oltre 100 funzionari hanno attraversato la Manica, per stabilirsi a Palazzo Berlaymont. Nessuna delle due parti è però troppo ottimista sulle prospettive negoziali. La pubblicazione dei rispettivi mandati di negoziazione ha rivelato la magnitudine del divario tra le parti. Il rigido mandato fissato da Michel Barniernon consente alcuna flessibilità e rende molto più probabile il fallimento dei colloqui. Presumibilmente, gli obiettivi negoziali del Regno Unito per un accordo commerciale con gli USA sono stati rilasciati per consentire al governo di Sua Maestà di esercitare pressione sull'UE prima ancora di incrociare le spade. Una fonte di Downing Street ha detto che "per fare strada, sarà necessario che una delle parti torni a casa e ripensi completamente l'approccio negoziale", chiarendo che Boris Johnson non autorizzerà deroghe al mandato britannico.

Ma se il negoziato è con l'UE, la battaglia è con la Francia, commenta Matthew Lynn. Parigi è l'elefante nella stanza. Emmanuel Macron non risparmia la retorica sulla salvaguardia dell'integrazione europea e la promozione degli alti standard sociali comunitari, ma la vera partita è tutt'altra. La Francia ha solo da perdere rispetto a una Gran Bretagna più liberale, liberalizzata e deregolamentata. Le due economie sono le più simili in Europa; la Francia compete direttamente con l'UK per attrarre gli investimenti globali, ha una generosa spesa sociale da proteggere e il suo surplus è così piccolo da non aver nulla da temere se i negoziati falliscono. La Francia spende il 24% del PIL per previdenza e assistenza sociale, la quota la più alta dell'UE insieme alla Finlandia. L'Irlanda, ad esempio, spende il 9% di PIL. Dublino non ha uno svantaggio competitivo contro una Gran Bretagna deregolamentata e defiscalizzata. Ma Parigi sì. Il modello economico-sociale francese è strenuamente poco competitivo e l'unico modo per preservarlo è quello di prevenire la concorrenza. Giustappunto.

Niveo denticulo atrum venenum ispirat.


Redazione Italia Atlantica

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