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Storia triste dei balneari, ovvero l'economia delle corporazioni

Sull'applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari si è aperta la solita guerra di religione, in linea con la cultura dell'autodistruzione che periodicamente attanaglia una politica sempre più sciagurata.

Ovviamente, non c'è problema se capitali internazionali vengono a finanziare sviluppo di qualità. La retorica del piccolo mondo antico e della difesa delle microimprese familiari trasmesse di generazione in generazione hanno fatto abbastanza danni, cristallizzando il paese dei campanili e degli interessi corporativi al Medio Evo. La retorica dell'anti-modernità produce solo de-industrializzazione.

La Bolkestein e relativa concorrenza si applicano a Cipro, a Malta, in Grecia, in Spagna, in Francia -- e non si può ragionevolmente dire che Gabicce Mare, Lignano sabbie d’oro, Ostuni, Porto Ercole e Torvajanica siano in alcun modo più eco-friendly o migliori per servizi e accessibilità di Limassol, St. Julian, Mykonos, Llor del Mar o Juan-les-Pins: qui ci si continua a menarcela con la difesa di due ombrelloni, una sdraio, un pedalò, un juke box scassato e il timballo di maccheroni in spiaggia, mentre altrove si corre e si mette a sistema il turismo con la filiera economica.

Il tema è, come sempre, inquinato dall'alta intensità dell'ideologia. Questo è il criptocomunismo che combatte la società aperta di Popper. Si difende un modello di gestione delle infrastrutture turistiche legato all'idea della classe unica sottoproletaria: tutti incasellati nell'esodo di massa sull'autostrada del sole, due settimane di ferie a Ferragosto, la mezza pensione e la radiolina in spiaggia in mezzo ai thermos e ai canottini gonfiabili.

La concessione demaniale non può essere un diritto dinastico. Nelle decisioni di sfruttamento economico delle risorse pubbliche, il beneficiario è il contribuente; blindare l’interesse del concessionario è una posizione insostenibile. In questo sciagurato paese deve entrare in testa il concetto di concorrenza. E soprattutto l'idea della gestione secondo criteri di economicità del demanio.

Bisogna proteggere gli investimenti dei concessionari, si obietta, e il principio è giusto; ma questo implica che la concessione deve avere dei termini chiari, un principio e una fine, e poi torna a gara (magari con punteggio preferenziale per la passata gestione), per consentire agli imprenditori di programmare e pianificare investimenti e rendimenti attesi.

La situazione presente è diversa, incancrenita da un pactum sceleris. Di rinvio in proroga, senza chiarezza su nulla, si è creato un grey market, del quale si reclama la tutela. A parte che gli investimenti sono stati più che compensati dai regali, non si può andare avanti di sanatoria in sanatoria, di condono in condono. Qui ci sono i balneari, là ci sono i tassisti, in mezzo i tabaccai e gli edicolanti …. E così, di corporazione in corporazione, di casta in casta, risaliamo fino ad Adamo ed Eva.

Ci sono state una prima e una seconda repubblica cha hanno creato corporazioni elettorali a danno del contribuente, inventando regimi farlocchi, regali di stato, proroghe eterne, sanatorie, condoni. E' ora che la politica ci porti nel XXI secolo, abbandonando una gestione della res publica da terzo mondo. E' arrivato il momento di fare punto e a capo e rimettere l'interesse del contribuente al centro dell'azione pubblica. Il tempo è adesso.


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