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  • Immagine del redattoreItalia Atlantica

Trump e la NATO, un rapporto in continua evoluzione

Nel suo libro “Paura”, Bob Woodward, il noto giornalista investigativo, dedica alcune pagine al rapporto del Potus con l’Alleanza Atlantica. Woodward descrive una cena di lavoro di Donald Trump con i suoi principali collaboratori all’inizio del 2017 per definire la posizione americana. E’ il resoconto di un’animata discussione in cui il Capo di Stato Maggiore Joseph Dunford è un appassionato difensore dell’Alleanza Atlantica. Con lui è il Segretario alla Difesa Jim Mattis, secondo il quale se la NATO non esistesse già bisognerebbe inventarla.

Alla fine della cena Trump sembra persuaso, dicendo “potete avere la vostra NATO”. La vicenda ha un seguito in maggio, durante una visita a Bruxelles, dove il Presidente liquida la questione in modo curioso nella conferenza stampa con il Segretario Generale: “si, avevo detto che era obsoleta. Da ora non è più obsoleta”.

Sappiamo bene che la storia non finisce qui; nei giorni scorsi il New York Times ha rivelato che il Presidente ha dibattuto seriamente più di una volta se uscire dall’Alleanza Atlantica. Gli analisti riportano che si tratta di un negoziatore tenace, che cerca il successo senza curarsi dei danni collaterali.

Vale quindi la pena di capire un po’ meglio.

Sembra chiaro che Trump non dimentica le “idee forti” del passato, e torna sugli argomenti che gli sono più congeniali. Analogamente, apprezza i suoi collaboratori più per la chimica personale che per le posizioni politiche.

Emerge che non ha mai amato il Consigliere per Sicurezza Nazionale, Gen. Herbert R. McMaster, che era stato la sua prima scelta. Mentre gli piace di più il successore, John Bolton, malgrado la sua fama consolidata di falco in politica estera.

Ma in sostanza di cosa stiamo parlando e di quali interessi? Conviene partire da quel 2 per cento di spese militari spesso evocato dal Presidente. Trump sostiene che gli alleati contribuiscono troppo poco, per cui incombe sugli Stati Uniti farsi carico della sicurezza altrui, e in particolare di quella europea.

Gli ultimi Vertici hanno deciso che i paesi membri (passati dai 12 fondatori ai 29 di oggi) dovrebbero allocare il 2 per cento del PIL alle spese per la Difesa. Va subito chiarito che non si tratta di soldi da versare alla NATO; non esiste un ipotetico conto bancario a Bruxelles a cui intestare queste somme.

Si tratta invece del bilancio che ogni paese dovrebbe dedicare alla propria difesa nazionale.

Il “budget” vero e proprio dell’Alleanza Atlantica è invece modesto, comprendendo solo alcune spese comuni per l’organizzazione e poche attività. La ragione di questa apparente contraddizione è semplice: vige la regola che i costi delle missioni, dall’Afghanistan al Kosovo all’ISIS, vengano sostenute direttamente dagli stati membri sui propri bilanci della difesa.

Vale la pena di allargare ancora il discorso. Un paese che si consideri come attore nella comunità internazionale deve considerare che il suo bilancio della difesa serve per affrontare minacce alla propria sicurezza, ma anche per contribuire alla sicurezza collettiva.

Vi ne sono molte operazioni di pace, a guida ONU, NATO o UE e parteciparvi è molto significativo per il prestigio internazionale. E questo naturalmente riguarda anche l’Italia.

Tornando al tema del rapporto di Trump con la NATO e al suo valore aggiunto, certamente essa ha protetto l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla caduta del comunismo verso il 1990, consentendo uno sviluppo democratico ed economico senza precedenti. Acqua passata?

la NATO ha poi assicurato un’uscita ragionevole dalle guerre civili jugoslave e ha formato una serie di partenariati che vanno dai Balcani ai paesi arabi. Anche oggi rimane il riferimento come “fornitore di sicurezza”, mettendo insieme le grandi democrazie occidentali e assicurando una concreta efficienza politico-militare. E’ unica nel consentire l’inter-operabilità fra le forze armate di 29 paesi, una rassicurante garanzia di sicurezza.

I rapporti con la Russia non sarebbero più facili se fosse sostituita dalla UE. Teniamo conto che i Paesi baltici e la Polonia sono attivamente in opposizione a Mosca all’interno dell’Unione Europea e che le sanzioni vengono da lì e non dalla NATO.

Sappiamo che i rapporti transatlantici attraversano un momento difficile in un ambito molto più ampio, che riguarda i costi sproporzionati che graverebbero sull’America rispetto ai benefici. L’Alleanza Atlantica ne è solo un aspetto.

Comunque, negli USA è uscito allo scoperto un vasto schieramento “bipartisan” in favore della NATO, perfino inaspettato. In primis un voto schiacciante a suo favore nel Congresso, ma anche dichiarazioni di esponenti della società civile come Nicholas Burns, già Vice Segretario di Stato e di tanti altri. In un recente sondaggio della Gallup l’80 per cento degli americani si è dichiarato favorevole all’Alleanza Atlantica.

In conclusione, avere sollevato la questione ha messo in luce una resilienza dei valori tradizionali in politica estera, che offre un quadro dell’opinione pubblica americana diverso da quanto molti si aspettavano.


Alessandro Minuto-Rizzo

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